“…ci penserà S. Giuseppe…”
…Ed infatti Madre Maria Matilde Bucchi passò all’altra vita, nel primo mercoledì del mese dedicato a S. Giuseppe.
La devozione a S. Giuseppe fu sempre presente nella vita di suor Maria Bucchi, sin dall’episodio della sua adolescenza nel quale lei stessa disse di essere stata protetta e salvata. Così leggiamo nella Piccola biografia:
“Vi fu un periodo di tempo in cui un uomo, attempato, sconosciuto alla giovane, ma di evidenti cattive intenzioni; si era posto a seguirla nel tratto più isolato del cammino in attesa del momento opportuno per attuare il suo iniquo disegno. Se ne accorse la pia verginella e temette assai per la sua virtù, né essendovi altra via da percorrere, si raccomandava fervidamente a Dio. Un’altra persona da quel punto seguì la giovane nel suddetto pericoloso tratto di strada: era un grazioso vecchietto che silenzioso appariva senza potersi comprendere da quale parte giungesse e, arrivato all’abitato, scompariva, senza che ancor lo si vedesse voltare né a destra né a sinistra. Così avvenne per parecchi giorni consecutivi, fino a cessato pericolo”.
Questo episodio ha il fresco sapore dei fioretti degli antichi padri del deserto e merita fede per l’umiltà con cui Maria Matilde lo raccontava e per la gratitudine e la devozione che da quel giorno essa ebbe sempre per S. Giuseppe, al quale si era raccomandata in quel frangente.
S. Giuseppe inoltre era stato presente in quel sogno profetico che suor Maria Bucchi aveva avuto prima ancora di entrare come Terziaria nell’Istituto Canossiano.
“S. Giuseppe – le aveva detto la Vergine Addolorata – sarà non solo il Direttore Spirituale, ma anche il Provveditore e l’Amministratore dell’Istituto che tu avrai a dirigere”.
A S. Giuseppe le Terziarie chiesero per sette anni consecutivi, senza contare le precedenti novene, la grazia di venire ufficialmente riconosciute dalla Chiesa. E’ anche molto significativo che la prima denominazione scelta dal piccolo Istituto sia stata quella di “Suore Passioniste di S. Giuseppe”. La particolare protezione di S. Giuseppe era indicata nel titolo dell’Istituto, poiché le suore si dichiaravano “dedicate al Preziosissimo Sangue sotto la protezione di Maria Vergine Addolorata e di S. Giuseppe”.
“Suor Maria Bucchi – dice la prima biografa – elesse S. Giuseppe, dopo Maria SS. ma, a speciale Patrono della sua Comunità e da lui ottenne grazie strepitose, comuni ed individuali, spirituali e temporali.
Papa Francesco così scrive al termine della sua Lettera Apostolica “Patris corde”:
“Lo scopo di questa Lettera Apostolica è quello di accrescere l’amore verso questo grande Santo, per essere spinti a implorare la sua intercessione e per imitare le sue virtù e il suo slancio. Infatti, la specifica missione dei Santi è non solo quella di concedere miracoli e grazie, ma di intercedere per noi davanti a Dio, come fecero Abramo e Mosè, come fa Gesù, “unico mediatore” (1 Tm 2,5), che presso Dio Padre è il nostro “avvocato” (1 Gv 2,1), «sempre vivo per intercedere in [nostro] favore» (Eb 7,25; cfr Rm 8,34)”.
Vorremmo, con molta semplicità, dopo aver ripercorso nella vita della nostra Fondatrice, la presenza amorosa di S. Giuseppe, sottolineare quelle virtù e/o caratteristiche che li accomuna e che possono diventare anche per noi un itinerario spirituale.
Il Silenzio
“Il suo è un silenzio permeato di contemplazione del mistero di Dio, in atteggiamento di totale disponibilità ai voleri divini. In altre parole, il silenzio di san Giuseppe non manifesta un vuoto interiore, ma, al contrario, la pienezza di fede che egli porta nel cuore, e che guida ogni suo pensiero ed ogni sua azione. Un silenzio grazie al quale Giuseppe, all’unisono con Maria, custodisce la Parola di Dio, conosciuta attraverso le Sacre Scritture, confrontandola continuamente con gli avvenimenti della vita di Gesù; un silenzio intessuto di preghiera costante, preghiera di benedizione del Signore, di adorazione della sua santa volontà e di affidamento senza riserve alla sua provvidenza. Lasciamoci “contagiare” dal silenzio di san Giuseppe! ”
(cfr. Benedetto XVI all’Angelus del 18.12.2005).
Il silenzio – soleva ripetere Madre Bucchi – è il custode di tutte le virtù, conduce all’unione con Dio, alla contemplazione e fa evitare tante mancanze (cfr. Bgr. p. 97).
L’Obbedienza
“Nel primo sogno la sua risposta fu immediata: “Quando si destò dal sonno, fece come gli aveva ordinato l’angelo”. Con l’obbedienza egli superò il suo dramma e salvò Maria. Nel secondo sogno Giuseppe non esitò ad obbedire, senza farsi domande sulle difficoltà cui sarebbe andato incontro: “Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode”. Appena il messaggero divino, in un terzo sogno, dopo averlo informato che erano morti quelli che cercavano di uccidere il bambino, gli ordina di alzarsi, di prendere con sé il bambino e sua madre e ritornare nella terra d’Israele 20), egli ancora una volta obbedisce senza esitare: “Si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele” (cfr. Patris Corde di Papa Francesco).
“La volontà di Dio era il centro della sua pace, il termine dei suoi desideri, la meta delle sue azioni… Sovente diceva: “Sono alfine religiosa… opererò quindi innanzi pel solo fine di piacere a Gesù, mi abbandonerò alle sue sante disposizioni e per amore mi porrò come una bambina nelle mani dei superiori, obbedendo semplicemente, allegramente, e senza replica” (cfr. Bgr. p. 19.21).
L’Umiltà
“La sua grandezza, al pari di quella di Maria, risalta ancor più perché la sua missione si è svolta nell’umiltà e nel nascondimento della casa di Nazaret. Del resto, Dio stesso, nella Persona del suo Figlio incarnato, ha scelto questa via e questo stile – l’umiltà e il nascondimento – nella sua esistenza terrena”
(cfr. Benedetto XVI all’Angelus del 19.03.2006).
“Oh, sì, umile, umilissima fu la nostra Madre e noi avremo sempre in lei uno specchio da imitare: umile il suo portamento, umile il suo parlare: l’umiltà insomma risplendeva in lei in modo raro, accompagnata sempre d’una dolcezza e mansuetudine speciale. Essa viveva dello spirito di Gesù Cristo che studiava indefessamente ed in sé fedelmente ricopiava” (cfr. Bgr. p. 77).
La laboriosità
“Un aspetto che caratterizza San Giuseppe è il suo rapporto con il lavoro. San Giuseppe era un carpentiere che ha lavorato onestamente per garantire il sostentamento della sua famiglia. Da lui Gesù ha imparato il valore, la dignità e la gioia di ciò che significa mangiare il pane frutto del proprio lavoro”
(cfr. Patris Corde di Papa Francesco).
Maria Matilde dovette incominciare presto a lavorare. La famiglia, abbastanza numerosa, non conosceva l’agiatezza. Così dice la Piccola Biografia: “da mane a sera s’affaticava or ei lavori campestri, ora nei laboratori, felice anche di alleggerire il peso della miseria ai suoi cari genitori”( cfr. Bgr. p. 6).
E accogliendo nuovamente le parole di Papa Francesco:
“I Santi aiutano tutti i fedeli a perseguire la santità e la perfezione del proprio stato. La loro vita è una prova concreta che è possibile vivere il Vangelo”,
facciamo risuonare nel cuore quanto le Costituzioni del 1981, nell’art. 109 indicavano:
“Amiamo lavorare con ardore, ma con tranquillità e senza scalpore, perché il messaggio dell’amore e della immolazione di Cristo si comunica anzitutto, attraverso la testimonianza della santità della nostra vita”.