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Tempo di Quaresima

Ecco, andiamo a Gerusalemme

Purificatevi del vecchio lievito, per essere una
nuova pasta, come già siete senza lievito.
Poiché anche la nostra Pasqua, cioè
Cristo, è stata immolata. Celebriamo dunque la festa,
non con vecchio lievito, né con lievito di malizia
e di malvagità, ma con gli azzimi della sincerità
e della verità”.
[1 Cor, 5, 7-8]

Carissime/i,
vi raggiungo per augurarvi buon cammino verso la Pasqua del Signore! “L’’itinerario della
Quaresima, come l’intero cammino cristiano, sta tutto sotto la luce della Risurrezione, che anima i
sentimenti, gli atteggiamenti e le scelte di chi vuole seguire Cristo. …Nel percorrere il cammino quaresimale,
che ci conduce verso le celebrazioni pasquali, ricordiamo Colui che «umiliò sé stesso facendosi obbediente
fino alla morte e a una morte di croce» [Fil 2,8]. In questo tempo di conversione rinnoviamo la nostra fede,
attingiamo l’“acqua viva” della speranza e riceviamo a cuore aperto l’amore di Dio che ci trasforma in fratelli
e sorelle in Cristo. Nella notte di Pasqua rinnoveremo le promesse del nostro Battesimo, per rinascere
uomini e donne nuovi, grazie all’opera dello Spirito Santo. Ma già l’itinerario della Quaresima, come l’intero
cammino cristiano, sta tutto sotto la luce della Risurrezione, che anima i sentimenti, gli atteggiamenti e le
scelte di chi vuole seguire Cristo” [Papa Francesco Messaggio per la Quaresima 2021].
Mi permetto di suggerire alcuni aspetti che mi sembrano possano aiutare a vivere il cammino con il Signore
verso Gerusalemme.
Viviamo da discepole missionarie nella storia
Questa Quaresima ha davvero un sapore tutto speciale perché tanti sono le situazioni che stiamo vivendo:
§ la pandemia da Covid19 ha portato e porta ancora con sé dolore, sofferenza, morte, in tante parti
del mondo, insieme a numerosi gesti di solidarietà e alla consapevolezza che solo insieme possiamo
continuare a camminare. Come ci sollecita Papa Francesco, “da questa crisi o usciamo migliori o
peggiori”: sta cambiando lo stile della nostra vita, le nostre scelte quotidiane …e per noi uscirne
migliori significa diventare più evangeliche;
§ molti Paesi attraversano situazioni di guerra e di violenza: non restiamo indifferenti, seguiamo in
particolare ciò che sta accadendo in Myanmar e in Haiti;

§ siamo nel mezzo di una nuova crisi economica mondiale che incide pesantemente sulla vita
quotidiana di molte famiglie e anche sulla vita della nostra Famiglia religiosa;
§ attraverso i mezzi di comunicazione constatiamo che la violenza verso le donne è quotidiana e
questo non può lasciarci indifferenti;
§ i migranti continuano a morire anche se non fanno più notizia;
§ siamo immerse nella cultura dello “scarto” e ciò è sempre più evidente soprattutto di fronte al limite
e alla fragilità dell’essere umano: viviamo di immagine e spesso di indifferenza verso chi soffre…
§ la crisi sanitaria, la crisi ambientale e la crisi politica stanno generando nuove forme di povertà
come Papa Francesco ha ricordato nel suo ultimo incontro con i membri del Corpo diplomatico;
§ e ciascuna di noi potrebbe continuare…
Iniziate il tempo quaresimale dentro questo preciso contesto storico come donne e uomini che hanno preso
sul serio l’insegnamento di Gesù Cristo che è venuto a condividere e ad assumere tutto l’umano con le
ricchezze, le fragilità, i disagi, gli slanci della vita. Vicinanza, compassione e tenerezza sono le parole che
Papa Francesco ci affida per incominciare questa Quaresima [Angelus di domenica 14/02/2021].
Come scrive il teologo Theobald: “Gesù rivela la sua divinità come una santità ospitale: ci viene incontro,
prende su di sé il peccato di tutti e nella sua carne veniamo tutti ospitati, tutti ci riconosciamo, tutti ci
convertiamo e troviamo vita”.
Quante volte ciascuno di voi si è sentito “ospitato” nel costato aperto dell’Agnello immolato, luogo d’amore,
di intimità, di misericordia, di slancio missionario! L’ospitalità ha dunque questa radice contemplativa è
alimentata dalla preghiera e resa concreta attraverso parole ed esperienze di accoglienza.
Tutti siamo chiamati ad una profonda conversione per ospitare noi stessi, gli altri, i poveri anche in mezzo a
noi, nelle nostre case pulite, ordinate e aperte per il Regno.
Al centro della vita cristiana c’è l’Agnello immolato e risorto colui che ci fa essere missione, là dove
siamo. Prima di tutto dobbiamo essere consapevoli, ancora una volta, che la salvezza non dipende da noi,
non è opera nostra, ma ci è donata in Gesù che soffre e muore per noi:
“La salvezza è l’incontro con Gesù, che ci vuole bene e ci perdona, inviandoci lo Spirito che ci consola
e ci difende. La salvezza non è la conseguenza delle nostre iniziative missionarie, e nemmeno dei
nostri discorsi sull’incarnazione del Verbo. La salvezza per ognuno può accadere solo attraverso lo
sguardo dell’incontro con Lui, che ci chiama. Per questo il mistero della predilezione inizia e non può
iniziare che in uno slancio di gioia, di gratitudine. La gioia del Vangelo, la “gioia grande” delle povere
donne che la mattina di Pasqua erano andate al Sepolcro di Cristo e lo avevano trovato vuoto, e che
poi per prime incontrarono Gesù risorto e corsero a dirlo agli altri [cfr Mt 28,8-10]. Solo così questo
essere scelti e prediletti può testimoniare davanti a tutto il mondo, con le nostre vite, la gloria di
Cristo risorto. I testimoni, in ogni situazione umana, sono coloro che attestano ciò che viene compiuto
da qualcun altro. In questo senso, e solo in questo senso noi possiamo essere testimoni di Cristo e del
suo Spirito” [Papa Francesco alle Pontificie Opere Missionarie – 21 Maggio 2020].

Riflettiamo sul fatto che siamo testimoni di una salvezza che viene dall’Agnello.
In umiltà e con mitezza
In Evangelii Gaudium Papa Francesco aveva richiamato alcuni tratti distintivi della missione, ne riprendo
alcuni in particolare: la gratitudine e la gratuità indispensabili per una qualità evangelica dell’annuncio e
l’umiltà e la mitezza come stile. Mi soffermo sul dono dell’umiltà e della mitezza perché il vangelo di Cristo
può essere annunciato solo così e perché il Signore Gesù ci ha chiesto di imparare da lui “mite ed umile di
cuore”. L’Agnello è mite e noi che vogliamo seguire Lui non possiamo rinunciare a questo dono! Ma cos’è la
mitezza? Papa Francesco la indica come una caratteristica della santità oggi [cfr G.E nn 116-121] e ripete
“La fermezza interiore, che è opera della grazia, ci preserva dal lasciarci trascinare dalla violenza
che invade la vita sociale, perché la grazia smorza la vanità e rende possibile la mitezza del cuore.
Il santo non spreca le sue energie lamentandosi degli errori altrui, è capace di fare silenzio davanti ai
difetti dei fratelli ed evita la violenza verbale che distrugge e maltratta, perché non si ritiene degno
di essere duro con gli altri, ma piuttosto li considera «superiori a sé stesso» [Fil 2,3]” [G.E 116].
Guardiamo a Madre Bucchi che ha vissuto in modo particolare l’umiltà e la mitezza di Gesù: “Tale era la sua
umiltà che la facea ripetere “Noi siamo strumenti inutili o peggio distruggitori per conto nostro dei doni del
Signore”… Per la sua umiltà e mansuetudine, essa faceasi tutta a tutte, piccola coi piccoli, debole con i
deboli… Essa viveva dello spirito di Gesù Cristo che studiava indefessamente ed in sé fedelmente ricopiava.
Di qui il grande aborrimento che ella sentiva per le singolarità, di qui quella sua inalterabile eguaglianza di
spirito che in lei fu veramente cosa ammirabile” [cfr pp 76/77 – Piccola Biografia.]
Promuoviamo la cultura dell’incontro
Richiamo ancora una volta il n 92 di Fratelli tutti, dove si legge che: “La statura spirituale di un’esistenza
umana è definita dall’amore…al primo posto c’è l’amore ciò che mai deve essere messo a rischio è l’amore, il
pericolo più grande è non amare”. E non si tratta di un amore a parole e solo per qualcuno, per il piccolo
gruppo, per i pochi intimi, no, qui l’invito è ad un amore per tutti, universale che diventa solidarietà fattiva,
libertà, uguaglianza, dialogo e amicizia sociale. La tensione verso un amore così può creare in noi e attorno a
noi una nuova cultura dell’incontro! San Paolo VI parlava di civiltà dell’amore, mi piace pensare che la
“cultura dell’incontro” [F.T. 216] sia un aspetto di questa civiltà dell’amore. Essa implica l’inizio di un
processo che ci aiuta a sviluppare nel cuore “la capacità abituale di riconoscere all’altro il diritto di essere se
stesso e di essere diverso”. La cultura dell’incontro è un antidoto ad un’altra violenza più subdola dalla quale
il Papa ci mette in guardia: “quella di coloro che disprezzano il diverso, soprattutto quando le sue
rivendicazioni danneggiano in qualche modo i loro interessi” [cfr F.T. 218]. Potete chiedervi:

§ Quali processi abbiamo iniziato per educarci alla cultura dell’incontro?
§ Sto recuperando la gentilezza [cfr F.T. 222/223] come tratto essenziale per incontrare l’altro/a in
modo evangelico?
Intercedere per tutti
Nel vostro camminare come discepole dell’Agnello immolato e risorto che vi chiama ad essere lievito chef a
fermentare tutta la pasta, dobbiamo ricordare un aspetto essenziale della nostra preghiera: l’intercessione.
Siamo chiamati ad intercedere come Abramo, come Mosè e come Gesù la cui vita è stata tutta una preghiera
di intercessione rivolta al Padre per noi, per donarci la dignità filiale e per farci eredi e coeredi della dignità
divina. Offerta ed intercessione sono intimamente connesse. Riascoltiamo le parole del Cardinale Carlo
Maria Martini, un grande maestro di preghiera:
“Intercedere non vuol dire semplicemente “pregare per qualcuno”, come spesso pensiamo.
Etimologicamente significa “fare un passo in mezzo”, fare un passo in modo da mettersi nel mezzo di
una situazione. Intercessione vuol dire allora mettersi là dove il conflitto ha luogo, mettersi tra le due
parti in conflitto… Non dunque qualcuno da lontano, che esorta alla pace o a pregare genericamente
per la pace, bensì qualcuno che si metta in mezzo, che entri nel cuore della situazione, che stenda le
braccia a destra e a sinistra per unire e pacificare. È il gesto di Gesù Cristo sulla croce, del Crocifisso
che contempliamo questa sera al centro della nostra assemblea. Egli è colui che è venuto per porsi
nel mezzo di una situazione insanabile, di una inimicizia ormai giunta a putrefazione, nel mezzo di
un conflitto senza soluzione umana. Gesù ha potuto mettersi nel mezzo perché era solidale con le due
parti in conflitto, anzi i due elementi in conflitto coincidevano in lui: l’uomo e Dio. Ma la posizione di
Gesù è quella di chi mette in conto anche la morte per questa duplice solidarietà; è quella di chi
accetta la tristezza, l’insuccesso, la tortura, il supplizio, l’agonia e l’orrore della solitudine
esistenziale fino a gridare: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?” [Mt 27, 46]. Questa è
l’intercessione cristiana evangelica. Per essa è necessaria una duplice solidarietà. Tale solidarietà è
un elemento indispensabile dell’atto di intercessione. Devo potere e volere abbracciare con amore e
senza sottintesi tutte le parti in causa. Devo resistere in questa situazione anche se non capito o
respinto dall’una o dall’altra, anche se pago di persona. Devo perseverare pure nella solitudine e
nell’abbandono. Devo avere fiducia soltanto nella potenza di Dio, devo fare onore alla fede in Colui
che risuscita i morti. Tale fede è difficile, per questo l’intercessione vera è difficile. Ma se non vi
tendiamo, la nostra preghiera sarà fatta con le labbra, non con la vita… Noi ci accorgiamo che una
vera intercessione è difficile; può essere fatta solo nello Spirito Santo e non sarà necessariamente
compresa da tutti…” [Omelia in Duomo – 29/1/91]
In docilità allo Spirito Santo
Seguire l’Agnello per essere discepoli, per essere nella quotidianità come lievito, che trasforma e si lascia
trasformare è opera dello Spirito Santo, l’único che può convertire il cuore, trasfigurare lo sguardo e
suggerire nuovi passi in uscita per offrire a tutti la vita di Cristo, per testimoniare e amare come Cristo, fino

ala fine. Solo la docilità allo Spirito farà di voi testimoni creativi al di là dei limiti e delle fragilità che fanno
parte dela nostra umanità.
Siamo tutti discepoli missionari che seguono l’Agnello mite e d umile che sale a Gerusalemme dove
Lui muore per amore ed in obbedienza al Padre; abitiamo com Lui la storia per essere fratelli e sorelle
universali che camminano com tutto il popolo di Dio; promuoviamo la cultura dell’incontro com ogni uomo
e donna, vicini e lontani e facciamo dela mostra vita um’offerta ed um grido di intercessione per i poveri, in
docilità allo Spirito.
Sentiamoci uniti in questo cammino di conversione verso la Pasqua insieme a Maria, la prima discepola
dell’Agnello!
Conto sulla vostra preghiera per il prossimo capitolo generale perchè sia um’esperienza di ascolto
dello Spirito e dei bisogni dei poveri, grazie!

[Superiora Generale]
Monza, 16 febbraio 2021

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